Uno di quei dieci è Luca

di , 19 giugno 2012 08:05

Dal sito di Wuming che ringraziamo sempre per l’appoggio e l’alto livello di discussione

Abbiamo fatto le elementari insieme. Il nostro maestro, che era compagno, rivisto tanti anni dopo mi disse che era contento che almeno io fossi diventato un “marxiano”. Mi ricordo di avergli risposto che anche Luca era “venuto su bene”: era diventato un devastatore-saccheggiatore, in quel momento era agli arresti domiciliari per gli scontri di Genova.

Ci eravamo ritrovati da ragazzini, agli scout (e non c’è niente da ridere). Abbiamo combinato un bel po’ di disastri agli scout; una notte siamo scappati dalle tende per fare i pirla in giro, abbiamo anche comprato del pessimo vino dell’Oltrepo. Sono arrivati dei giovinastri di paese in macchina, sono scesi e ci hanno tirato un pugno in faccia a testa. Senza nessunissimo motivo, solo perché eravamo dei boy-scout quattordicenni ubriachi! Attiravamo guai come calamite.

Uscivamo spesso in due. Lui, figlio di proletari e “col culo per strada”, era un anarchico istintivo, io, secchione atipico e nipote di partigiano, un comunista genetico. Io l’ho portato alle manifestazioni, lui mi ha introdotto nel fantastico mondo dell’illegalità adolescenziale.

Lui era avanti con le ragazze, io decisamente indietro. Quando mi sono messo alla pari, ci siamo persi di vista. Ho smesso di bazzicare la sottocultura hip-hop in cui eravamo entrati insieme, ma in cui lui si era trovato subito a suo agio mentre io ero fuori posto come uno scout ad un rave. I suoi tag li trovi ancora dappertutto a Pavia; io ho visto la prima volta che ha scritto quelle tre lettere su un muro.

Io sono diventato un militante che fa le riunioni e scrive troppo, lui un randagio che va quando si deve, mosso da ragionamenti e obiettivi suoi. E poi, lui odia la polizia, da sempre – “è un fatto di appartenenza”.

A Genova non l’ho visto. Forse oggi non tutti lo sanno o lo ricordano, ma eravamo così tanti che potevi stare giorni nella stessa città e negli stessi cortei senza mai incontrarti. Poi, io sono per resistere o arretrare ordinatamente quando la polizia attacca; lui è per rispondere.

Ha scritto una lunga lettera al giornale locale quando era ai domiciliari. Raccontava che era a piazza Alimonda, che ha visto come è andata, che forse per quello si sono accaniti su di lui: il PM ha chiesto più di un decennio. Ricordo un passaggio della lettera, diceva più o meno così: “Se dopo ore di manganellate e cariche e lacrimogeni, i carabinieri lasciano una jeep indifesa e io le do fuoco, non è una questione politica: è una questione di carattere”. È un fatto di appartenenza.

Sono andato a trovarlo, nell’appartamento della madre, un appartamento da operaia, dove era segregato. Sembrava di essere ad una di quelle feste che facevamo da teenager, chiusi in otto in una stanza di una casa senza adulti, a sciupare i pomeriggi e a bere superalcoolici. Ma avevamo più di vent’anni e sua madre era a casa.

Ora rischia 10 anni. Secondo me non è innocente, in una penisola dove i torturatori sono sottosegretari non so bene come si possa parlare di merito o colpa.

Cosa fa adesso? Lo so ma non ve lo dico. Quel che so e che vi dico è cosa non può, non deve fare per i prossimi dieci anni: stare chiuso in una stanza di prigione. Non è il tipo che si fa ingabbiare. È un fatto di appartenenza.

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6 commenti per “Uno di quei dieci è Luca”

  1. [...] Passa ai commenti Queste righe appaiono come commento in un post sul sito Wuming ( e poi sul sito 10×100.it), dedicato alla campagna GENOVA NON E’ FINITA 10×100 ANNI DI CARCERE, nata pochi giorni [...]

  2. Laura scrive:

    Beh, se lui ha incendiato una macchina non è certamente molto innocente ed è giusto che sia multato per questo. Certo, 10 anni sono decisamente troppi per un gesto del genere, considerando che i veri colpevoli dei fatti di Genova sono stati lasciati andare liberi: e considerando tutto lo schifo che è successo alla Diaz e poi in caserma.

    • Mauro Vanetti scrive:

      Ciao Laura.

      Ho scritto che *non* è innocente. Il problema è cosa significhino ormai innocenza o colpevolezza in un contesto del genere, e alla luce dell’impunità dei torturatori, come sottolinei anche tu.

      Per quanto riguarda gli incendi di cui si è parlato nel processo, non si trattava di macchine private ma di un defender dei carabinieri (quello di piazza Alimonda) e di un blindato. Quei veicoli venivano usati dalle forze dell’ordine come armi da assalto durante gli scontri.

      Gli imputati sono già stati condannati a rimborsare i danni a quei veicoli. Durante il processo, ricordo che anche ai genitori di Carlo è stato chiesto di pagare allo Stato la riparazione della jeep da cui è partito il colpo che ha ucciso loro figlio. Ho ancora in mente la faccia che fece Giuliano Giuliani quando sentì questa richiesta.

  3. antonella scrive:

    io sento uno schifo profondo per tutti coloro che proteggono a spdaa tratta i signori dello stato e i loro burattini dal braccio armato.

    non è innocente, ma non lo sono soprattutto coloro che sono entrati alla diaz ed hanno manganellato a destra e a sinistra senza ascoltare le voci degli occupanti.

    io non ho vissuto il g8.
    forse persa nelle stupide notizie che in tivù davano o semplicemnte non avevo coscienza di quello che relamente stava accadendo, ma ora ho aperto gli occhi.

    fatelo anche voi che avete le belle parole per chi doveva proteggerci e non ammazzarci di botte.

  4. teresa cavallari scrive:

    la repressione/oppressione messa in atto dai partecipanti al G8 ha portato il mondo alla crisi globale che viviamo drammaticamente da allora,oggi e ancora per molti domani. dovremmo processare loro i capi e fargli pagare la devastazione morale, il saccheggio della res pubblica, la sospensione dei diritti civili, l’umiliazione dei deboli, l’annientamento dell’ambiente, i falsi di bilancio, la corruzione dei magistrati, la restaurazione del fascismo, il saccheggio dei valori, la cementificazione dei sogni, il furto sistematico del futuro dei figli, dei nipoti, dei pronipoti fino alla settima generazione futura. Loro erano e sono i devastatori, devono pagare e la storia prima o poi lo dirà!ora non possono e non devono ingabbiare chi in quella guerra era dalla parte giusta della barricata e non solo non è stato ascoltato, ma è stato picchiato,calpestato, torturato,insultato, offeso, manganellato, ucciso.

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