Tag articolo: genova2001

G8, tornano liberi due agenti della Diaz

di , 19 gennaio 2014 18:42

Da Repubblica Genova

Tornano liberi due poliziotti che parteciparono alla sanguinosa irruzione nella Diaz durante i G8 di Genova del 2001. In attesa del pronunciamento della Cassazione, niente più arresti domiciliari per l’ispettore e l’agente della Celere romana che raccontarono di essere stati aggrediti con il coltello da un black bloc durante l’irruzione nella scuola.
Massimo Nucera, 40 anni, presentò il suo giubbotto antiproiettile tagliato per dimostrare l’aggressione subita e il suo collega Maurizio Panzieri, 59 anni, confermò nella relazione di servizio il drammatico incidente, ma le perizie del tribunale smentirono le loro parole. Entrambi furono condannati in via definitiva a 3 anni e 5 mesi. Grazie al condono di 3 anni e alla cosiddetta legge “svuota carceri”, i due agenti avrebbero dovuto scontare i rimanente 5 mesi agli arresti domiciliari, ma grazie ad un ricorso in Cassazione dei loro legali, in attesa del pronuciamento della Suprema Corte, la pena è sospesa e i due agenti sono tornati liberi. Nel ricorso in Cassazione, gli imputati chiedono in alternativa agli arresti l’affidamento in prova ai servizi sociali.

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18 gennaio: Senor Surf per Genova 2001

di , 6 gennaio 2014 10:52

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Sono passati ormai 13 anni dalle giornate del vertice del G8 a Genova, città in cui prese corpo una delle più grandi manifestazioni di movimento a livello mondiale ma che fu al tempo stesso luogo di sperimentazione di nuove tecniche di limitazione della libertà di manifestare: zone rosse, perquisizioni, arresti arbitrari, pestaggi, fino alle torture nella caserma di Bolzaneto e all’omicidio di Carlo Giuliani.

Ai manifestanti presenti in piazza, in questi 13 anni di processi, è stata riconosciuta la colpa di aver messo in pericolo l’ordine pubblico della città di Genova e per questa ragione, 10 di loro, sono stati condannati per i reati di devastazione e saccheggio, con pene fino a 15 anni di carcere. Reati risalenti al periodo fascista che sono stati così sdoganati per cercare di estenderli ad ogni giornata di resistenza e lotta, come sta accadendo per i fatti del 15 ottobre 2011.

La campagna 10×100 è nata per sostenere questi compagni e queste compagne, usati come capri espiatori per una manifestazione che a Genova ha visto più di 300mila persone presenti a gridare contro il capitalismo neoliberista e lo strapotere della finanza.

In particolare, volgiamo ricordare che per 4 dei dieci condannati per devastazione e saccheggio si sono aperte le porte del carcere: Marina, Fagiolino, Gimmy e Luca.

Questa iniziativa è per loro e per tutti coloro che non hanno smesso di lottare.

Per contribuire a Genova 2001 www.10×100.ithttp://www.supportolegale.org/

Tutti libere

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G8 2001 Condanna in appello l’ex questore Colucci per falsa testimonianza.

di , 17 dicembre 2013 11:59

E’ stato condannato oggi a 2 anni e 8 mesi l’ex questore di Genova Francesco Colucci per avere reso falsa testimonianza durante il processo sulla mattanza della polizia nella scuola Diaz durante il G8 di Genova del luglio 2001. Colucci in quell’occasione aveva ritrattato quanto detto in precedenza per tenere lontano dalla vicenda l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Il pm Enrico Zucca aveva chiesto 2 anni, ma il giudice invece ha constatato delle aggravanti condannandolo a 2 anni e 8 mesi.

Il commento dell’avvocato Emanuele Tambuscio Ascolta

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Le violenze di Bolzaneto sotto la lente della Corte Europea

di , 15 novembre 2013 11:43

Dal Corriereit

 

Sono passati 12 anni dal G8 di Genova, quando nella caserma di Bolzaneto 150 fermati hanno subito da parte di pubblici ufficiali violenze fisiche e psicologiche. In quelle giornate di luglio 2001, mentre arrivavano più di 300mila manifestanti da tutto il mondo, uno stabile della caserma di Bolzaneto, sede del reparto mobile della polizia di Genova, era stata trasformata in istituto penitenziario provvisorio: un punto di smistamento dei fermati del G8, dove i manifestanti sarebbero dovuti velocemente passare solo per il foto-segnalamento e la visita medica.

Ma, invece di poche ore, i fermati sono rimasti anche due giorni, subendo maltrattamenti da parte di poliziotti, guardie penitenziarie e personale medico. Di questi pubblici ufficiali solo una quarantina sono stati identificati e per questo processati. 4 gli assolti, 7 i condannati penalmente; per gli altri imputati i reati penali sono caduti in prescrizione e sono stati dichiarati responsabili dei fatti ai soli fini civili, quindi condannati al risarcimento danni nei confronti delle vittime.

Per queste condotte criminose, la Cassazione ha condannato anche i ministeri dell’Interno e della Giustizia al risarcimento. Secondo la legge avrebbero dovuto cominciare a pagare sin dalla sentenza di primo grado, 5 anni fa, ma così non è andata. Infatti, solo a fine settembre di quest’anno il ministero dell’Interno ha comunicato che si inizierà con il risarcimento di 31 parti offese, le uniche 31 che hanno fatto ricorso alla Corte Europea. Per gli altri non c’è ancora niente di ufficiale.

Pagina 112 della sentenza 678/2010 Corte di Appello di GenovaPagina 112 della sentenza 678/2010 Corte di Appello di Genova.
Nonostante per il processo di Bolzaneto la Corte di Appello parli di “trattamenti inumani e degradanti o azioni di tortura” che esprimono “il massimo disonore di cui può macchiarsi la condotta del Pubblico Ufficiale”, la tortura non è perseguibile come reato, perché nell’ordinamento penale italiano non esiste. Dopo aver raccolto il ricorso dei manifestanti, e in base ai termini dell’articolo 3 della Convenzione Europea che l’Italia ha ratificato nel 1955, ora è proprio la Corte Europea dei diritti umani a chiedere ufficialmente informazioni sull’adeguatezza delle sanzioni previste dalla legge italiana nei casi di tortura e di trattamenti inumani o degradanti.

Inoltre uno degli standard richiesti dalla Corte Europea è la sospensione dei pubblici ufficiali in corso di processo. Ad oggi, invece, le istituzioni non si sono ancora pronunciate su eventuali procedimenti disciplinari. Al contrario, come denunciano gli avvocati delle parti civili, alcuni di quegli ufficiali oggi condannati sono stati anche promossi negli anni. Anche di questo lo Stato dovrà rispondere alla Corte Europea per i diritti umani.

Le giornate del G8 di Genova hanno dato seguito ad altri processi e quello di Bolzaneto non è l’unico procedimento in cui sono stati coinvolti membri delle Forze dell’ordine: la Cassazione ha confermato le condanne per le violenze della polizia durante l’irruzione alla scuola Diaz Pertini, mentre è stato archiviato il procedimento penale nei confronti del carabiniere che ha sparato a Carlo Giuliani.

Il processo per devastazione e saccheggio, per cui 10 manifestanti sono stati condannati lo scorso anno, vedrà l’ultima battuta domani (13 novembre), quando verrà valutata la concessione delle attenuanti per 5 di loro. Il reato prevede comunque pene che vanno dai 6 ai 15 anni di reclusione, che i manifestanti stanno già scontando.

Si ringrazia il Comitato SupportoLegale e Giacomo Verde per la concessione dell’utilizzo delle immagini d’archivio

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GENOVA NON È FINITA. 13 e14 luglio Due giorni di iniziative a Roma all’Ex Snia Viscosa via prenestina 173

di , 10 luglio 2013 16:55

13 e 14 luglio. Due giorni di iniziative a Roma

Ex Snia Viscosa

via prenestina 173

ancheSNIAsmall

A un anno dalla sentenza definitiva per Genova 2001, in solidarietà con i compagni/e sotto processo per i fatti del 15 ottobre 2011, con Alberto, Marina, Gimmy e Ines nel cuore.

Due serate benefit con dibattiti, musica, teatro, spazi di socialità e ristoro

Sabato 13 luglio Concerto con Bone Machines, e Blood ’77, a seguire dj set con Tutti Frutti Apocalypse a cura di Murder Farts e Lubna Barracuda.

Nel corso della serata esposizioni artistiche e performance.

Domenica 14 luglio dalle 19.00 Spazio aperto ai musicisti di strada con aperitivo nell’orto

dalle 20.00 Incursioni musicali di Laura Inserra

dalle 21.00 Il Rave Teatrale delle “Voci nel Deserto”  in “La raccolta differenziata della memoria” con la partecipazione di Ascanio Celestini

Radio Onda Rossa,  Campagna 10×100, CSOA ex SNIA

 

GENOVA NON È FINITA.

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Dal carcere di Perugia su Genova 2001

di , 2 settembre 2012 18:48

Ciao sono un detenuto ristretto nel carcere di Perugia

vi scrivo perché in tanti anni di carcerazione ho visto molte cose che vanno oltre la costituzione italiana. Un particolare che mi ricordo è stata la manifestazione del G8 del 2001.

Mi trovavo ristretto nel carcere di Pavia in una sezione di alta sicurezza. Una mattina venivamo convocati nell’aria di socialità dove il comandante dell’Istituto ci riferiva che aveva avuto una comunicazione dal Ministero di Grazie e Giustizia che 25 detenuti dovevano essere trasferiti in un carcere in Sardegna perché gli serviva la sezione libera perché dovevano portare 8 detenuti che secondo lo stato avevano preso parte alla rivolta del g8.

Io per mia fortuna sono riuscito a rimanere nello stesso carcere in quanto svolgevo la mansione di spesino e cioè il lavorante che consegnava il sopravvitto che i miei compagni possono acquistare con i propri fondi disponibili, ma a una condizione che io dovevo recarmi davanti alle celle di questi ragazzi tra cui una donna e mettergli delle condizioni sulla loro spesa.

Io naturalmente mi rifiutai e venni minacciato di un eventuale trasferimento. Ma dato che ero uno dei più vecchi che lavoravano ai conti corrent sono riuscito a farmi bloccare il trasferimento e quindi il mio compito era solo quello di ritirare le loro richieste e consegnarle.

Ricordo che questi ragazzi non potevano avere nessun tipo di contatto se non altro con la presenza di un agente di polizia penitenziaria, ma la cosa che mi ha sorpreso è che la ragazza ha dovuto passarmi la sua richiesta da sotto il blindato e che la spesa gli venisse consegnata direttamente da un agente.

Posso solo dire che sono stati trattati peggio dei detenuti che sono a regime di 41bis.

Non potendosi acquistare niente al di fuori di generi che non potevano essere usati con i fornelli che possiamo acquistare all’interno di qualsiasi istituto, potevano solo acquistare acqua, sigarette, biscotti e latte il resto erano costretti a sopravvivere con il vitto che passava l’amministrazione penitenziaria. Posso farvi immaginare cosa si possa mangiare in un carcere, la tortura nella tortura.

La cosa più impressionante è che il lavorante che portava il vitto l’avevano obbligato a mettersi un passamontagna in testa in modo che non si poteva riconoscere il viso, cosa che il lavorante stesso si rifiutava di indossarlo e di conseguenza è stata costretta una guardia a passare il vitto mai aprendo il blindato ma da un piccolo spioncino. La fortuna di questi ragazzi è stata che sono riusciti ad uscirne nell’arco di 20 giorni perché noi detenuti comuni capivamo che erano trattati peggio delle bestie e che la sofferenza dentro un carcere è già insopportabile se sei un detenuto comune, loro l’hanno passata nel peggior modo che si possa trattare un essere umano.

La contentezza di tutti noi detenuti del carcere di Pavia è stata la notizia della loro scarcerazione facendogli sentire la nostra solidarietà sbattendo le sbarre per più di un’ora!

Concludo dicendo che nelle galere dovrebbero farci passare solo anche un giorno a quei signori politici per provare la sofferenza quella vera e non solo parole parole parole!!!

Ragazzi io sono con voi fino alla morte!!!

Un detenuto che ha vissuto questa brutta esperienza in prima persona,

ciao ragazzi!!

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Dal carcere di Perugia una lettera di Fagiolino

di , 2 settembre 2012 18:47

Ciao,

Malgrado gli 11 anni trascorsi è ancora ben chiaro nella mia mente il ricordo che ci portò in quelle giornate a Genova, eravamo felici e pieni di speranze, eravamo più di 300.000 mila, tutte e tutti con la voglia di contestare i potenti, tutti e tutte con la voglia di costruire un mondo diverso (nel nome di un così detto movimento dei movimenti). Poi purtroppo qualcosa è andato storto, se così vogliamo dire, ed è successo quello che è successo: le violenze, i massacri e la morte (omicidio di Stato) di uno di noi, il nostro caro Carlo. Mi ricordo anche molto bene l’ipocrisia di chi giù in quei giorni cominciava a cavalcare l’onda dividenti i buoni da cattivi.

Il dopo Genova fu poi caratterizzato da quell’accanimento, da quella caccia alle streghe da parte della magistratura nei confronti di 25 tra compagni e compagne con l’accusa assurda del reato di devastazione e saccheggio.

A seguire poi il buio più completo, fino a quel 2008 quando la Corte d’Appello portò da 25 a 10 i compagni e le compagne accusate per quell’abominevole reato e, ricordo ancora bene quello che si percepiva dalla dichiarazione (in rete) rilasciata da Casarini dopo la sentenza, i “suoi 15″, i manifestanti modello e per questo giustamente assolti (alla faccia della solidarietà militante!).

Gli altri 10 invece cani sciolti, brutti, zozzi e cattivi e, così giustizia fu fatta. 10 per lo più anarchici, i subbugliatori du 300.000 persone e, non lo dico per vittimismo, forse sarà una coincidenza o forse un dato di fatto, chissà…?

Poi di nuovo calarono le tenebre e tutto andò al dimenticatoio sino alla sentenza finale del 13 luglio del 2012 quando la Cassazione confermò per noi 10 la condanna per il reato di devastazione e saccheggio (con pene dai 7 ai 15 anni di reclusione).

Ed ora, momentaneamente dietro alle sbarre siamo in 2 io e Marina, quella sorella che ho sempre desiderato avere e che non ho mai avuto la possibilità di conoscere.

Ma che sia ben chiaro, io no vivo di rancore perché ho ben chiaro chi è il mio nemico e, colgo l’occasione per ringraziare dal profondo del mio cuore chi comunque in questi anni c’è stato sempre vicino, come chi si è prodigato in questo ultimo periodo con le poche forze rimaste ad aprire e portare avanti la campagna 10×100.

Ma, adesso la cosa più raccapricciante è che con questa sentenza si è venuto a creare un precedente confermato dalla Corte di Cassazione e da ora in poi (e mi auguro che non sarà così) chi oserà ribellarsi, chi oserà difendere la propria dignità e chi scenderà nelle piazze per lottare dovrà convivere con l’idea di questo alone repressivo nascosto dietro l’angolo e pronto a colpire in qualsiasi momento.

Malgrado la prigionia, io cerco di resistere e tenere duro grazie anche alla vostra solidarietà che mi state dimostrando in questi giorni e che non mi fa sentire solo. Non sarà sicuramente questo sequestro legalizzato a frenare la mia voglia di far “saltare” questo ingranaggio del potere e costruire insieme un mondo diverso.

Un forte abbraccio a tutti e tutte e, con Renato sempre nel cuore.

In ogni caso, nessun rimorso.

Alberto

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Genova 2001: il difficile cammino della giustizia

di , 11 luglio 2012 15:21

di Lorenzo Guadagnucci, Comitato Verità e Giustizia per Genova, tratto da zeroviolenzadonne

Ora che un po’ di giustizia è stata fatta e che alcuni alti dirigenti di polizia sono stati obbligati a lasciare gli incarichi, sta diventando molto chiaro quanto è difficile per il nostro paese fare davvero i conti con il G8 di Genova del 2001. Nemmeno una sentenza passata in giudicato, a ben undici anni dai fatti, ha spinto il sistema istituzionale a guardare dentro se stesso e riconoscere i propri buchi neri, la propria incapacità di garantire i diritti fondamentali e il sacrosanto principio d’uguaglianza.

Le condanne al processo Diaz sono state accolte nei palazzi del potere con stupore e con freddezza. Dal mondo politico parlamentare non si è alzata una sola voce per indicare la via maestra delle necessarie riforme, rese urgenti dalla decisione della Cassazione: una legge sulla tortura, la riconoscibilità degli agenti in servizio di ordine pubblico, la creazione di un organismo indipendente di tutela dei diritti umani. E si è permesso al capo della polizia di cavarsela con goffe dichiarazioni di scuse e al suo predecessore, nel frattempo incredibilmente salito a responsabilità di governo, di ostentare solidarietà con i condannati e di rifiutare, per l’ennesima volta, una seria e leale assunzione di responsabilità.

Non stiamo dunque uscendo dagli scempi di Genova G8 camminando lungo la strada della giustizia autentica. Abbiamo solo sprazzi di una giustizia lenta e insicura. I tribunali condannano sì decine di funzionari (fra Bolzaneto, Diaz e altre vicende improriamente dette minori) e passano certo alla storia per il “coraggio” (ma applicare la legge dovrebbe essere “normale”) mostrato nell’inibire per 5 anni i dirigenti più esposti, ma non si è innescato ciò che costituisce la vera missione della magistratura, cioè un controllo indipendente, con gli strumenti giurisdizionali, volto a far sì che chi sbaglia non solo paghi ma impari la lezione e prenda provvedimenti conseguenti.

L’allontanamento dei dirigenti condannati è frutto della pena accessoria inflitta dal tribunale di secondo grado e confermata dalla cassazione: altrimenti niente sarebbe accaduto. Prova ne sia la permanenza in servizio di funzionari condannati in via definitiva e ancora al loro posto. D’altronde si è ignorata per anni la regola dettata dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, la quale dice che i funzionari rinviati a giudizio devono essere sospesi e poi rimossi in caso di condanna (che ci siano o meno le pene accessorie).

Non siamo sul cammino della giustizia perché non possiamo dimenticare il mancato processo per l’omicidio di Carlo Giuliani e perché il 13 luglio rischia davvero di consumarsi un’altra ingiustizia. Verso i 25 manifestati chiamati in causa, è stato costruito in questi anni un “processo esemplare”, chiamato di fatto a compensare, agli occhi dell’opinione pubblica, i procedimenti avviati contro decine di agenti e funzionari delle forze dell’ordine. Sono rimasti in ballo, alla vigilia del terzo grado di giudizio, una decina di cittadini, sui quali rischia di ricadere tutto il peso della “ragion di stato”. Cosa c’è di più ingiusto di una sorte del genere? A questi imputati sono state inflitte pene così alte, rispetto ai fatti contestati, da lasciare increduli: fino a 13 anni. E il confronto con le pene inflitte agli altissimi dirigenti condannati per il caso Diaz rende ancora più dolorosa la prospettiva di una conferma del giudizio di secondo grado, perché qui non ci sono prescrizioni salvifiche.

Già sappiamo, comunque vada il 13, che dovremo batterci per una riforma in più oltre a quelle già indicate, e cioè una revisione, o meglio la cancellazione dell’odioso reato di devastazione e saccheggio, un reato anacronistico e punitivo, in termini di previsioni di pena, oltre ogni ragionevolezza.

La Corte di Cassazione, quando è stata chiamata a giudicare sui processi scaturiti da Genova G8, ha mostrato indipendenza (il 5 luglio) e una bella dose di fantasia (con l’assoluzione del prefetto De Gennaro, decisa con motivazioni poco ortodosse rispetto ai meri compiti istituzionali di valutazione delle questioni di legittimità). A così breve distanza dal giudizio, dobbiamo augurarci che stavolta i giudici di cassazione agiscano con saggezza e riportino sui binari della ragionevolezza un giudizio che rischia altrimenti di trasformarsi in un’inutile vendetta.

* Comitato Verità e Giustizia per Genova

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Uno di quei dieci è Luca

di , 19 giugno 2012 08:05

Dal sito di Wuming che ringraziamo sempre per l’appoggio e l’alto livello di discussione

Abbiamo fatto le elementari insieme. Il nostro maestro, che era compagno, rivisto tanti anni dopo mi disse che era contento che almeno io fossi diventato un “marxiano”. Mi ricordo di avergli risposto che anche Luca era “venuto su bene”: era diventato un devastatore-saccheggiatore, in quel momento era agli arresti domiciliari per gli scontri di Genova.

Ci eravamo ritrovati da ragazzini, agli scout (e non c’è niente da ridere). Abbiamo combinato un bel po’ di disastri agli scout; una notte siamo scappati dalle tende per fare i pirla in giro, abbiamo anche comprato del pessimo vino dell’Oltrepo. Sono arrivati dei giovinastri di paese in macchina, sono scesi e ci hanno tirato un pugno in faccia a testa. Senza nessunissimo motivo, solo perché eravamo dei boy-scout quattordicenni ubriachi! Attiravamo guai come calamite.

Uscivamo spesso in due. Lui, figlio di proletari e “col culo per strada”, era un anarchico istintivo, io, secchione atipico e nipote di partigiano, un comunista genetico. Io l’ho portato alle manifestazioni, lui mi ha introdotto nel fantastico mondo dell’illegalità adolescenziale. Prosegui la lettura 'Uno di quei dieci è Luca'»

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