Diaz, retata dopo 13 anni agli arresti anche Mortola

di , 3 gennaio 2014 11:33

Da il IL SECOLO XIX di  Giovedì 02/01/2014 di MATTEO INDICE

GENOVA. La notte della Diaz li ha inseguiti per quasi tredici anni, terminando infine a San Silvestro. Perché il pomeriggio del 31 dicembre, nella disattenzione generale, sono stati arrestati gli ultimi due super poliziotti finiti sotto accusa per l’irruzione e l’introduzione di prove taroccate nella scuola dove dormivano i no global, al termine del G8 2001 di Genova.

Uno è Spartaco Mortola, volto conosciutissimo nel capoluogo ligure, ex capo della Digos genovese poi divenuto questore vicario di Torino, che dall’altro ieri deve scontare otto mesi di domiciliari nella propria abitazione. L’altro è Giovanni Luperi, ex dirigente Ucigos nelle giornate della guerriglia, quindi capoanalista dei servizi segreti e attualmente in pensione: per lui, della condanna definitiva a quattro anni, ne resta uno. Il giorno precedente (pomeriggio del 30), l’arresto era scattato per un altro big: Francesco Gratteri, numero tre della polizia italiana prima della condanna, coordinatore d’indagini su attentati e latitanti. È ora obbligato a un anno di domiciliari, potrà beneficiare come gli altri di alcune ore (2 o 4) di libertà durante il giorno e usare il telefono. I poliziotti-detenuti potranno chiedere il riconoscimento della buona condotta, e quindi rosicchiare qualche mese oltre a ciò che era stato spazzato dall’indulto del 2006.

Lo stillicidio di ricorsi e controricorsi dopo i pronunciamenti della Cassazione ha finito per confinare il caso Diaz (quasi) al dimenticatoio, facendo perdere divista il dato cruciale: nonostante sia trascorso moltissimo tempo dall’irruzione – oltre 90 feriti, uno in coma – fra la metà di dicembre e Capodanno sono finiti in arresto per quella storia undici poliziotti. Non solo: per dieci di loro il tribunale di sorveglianza (l’organismo che ha il compito di stabilire come un condannato in via definitiva deve scontare ciò che resta della sua pena) avrebbe ritenuto come forma più consona la prigione. Ma la legge “svuotacarceri” impedisce di portare in cella chi ha un “residuo” particolarmente basso, con l’obiettivo di non affollare i penitenziari.

Il romanzo della Diaz, divenuto pure un film premiato al Festival di Berlino, distrugge carriere supersoniche, aumentate dal Ministero dell’Interno con promozioni a raffica a processo in corso. E però un nodo resta irrisolto. Che cosa ne sarà, di chi è finito agli arresti? Non tutti sono in pensione, e alcuni formalmente risultano «sospesi» dal Viminale ma tuttora suoi dipendenti. In teoria, nei loro confronti sarebbe stato avviato un procedimento disciplinare, che potrebbe chiudersi con la destituzione. Non è tuttavia una pagina già scritta. E allora ecco che – scontata pure l’interdizione dai pubblici uffici in scadenza fra quattro anni – potrebbero in astratto riprendere servizio.

Nessuno paga per il pestaggio vero e proprio, poiché il reato di lesioni – data l’esasperante melina degli imputati – è finito in prescrizione. Tutti quelli che oggi si trovano in arresto rispondono di falso, per aver firmato o avallato un verbale in cui si diceva che nella scuola era nascosta una molotov; in realtà ce l’avevano portata le forze dell’ordine, e fu spacciata come trofeo-giustificazione del raid nella conferenza stampa del giorno successivo.

Ecco allora che fra un depistaggio e un cambio di residenza, la notte del 22 luglio 2001 si allunga fino al 2014, oltre che per Gratteri, Mortola e Luperi, pure per Gilberto Caldarozzi e Vincenzo Canterini. Il primo era fino all’anno scorso alla testa dello Sco, il Servizio centrale operativo. Ed è fresco il ricordo di lui che, proprio insieme a Gratteri, racconta alle tv di tutta Italia il fermo dell’uomo che aveva piazzato la bomba fuori dalla scuola di Brindisi, o di qualche boss ricercato.

Canterini era invece il “generale” del nucleo antisommossa di Roma: sulla Diaz ha scritto un libro con la sua (personale) versione e, dopo la pensione e prima dei domiciliari, s’era sovente diviso fra l’Italia e Santo Domingo.

Arresti (da scontare in ciascun caso fra i sei e gli otto mesi) per Nando Dominici, capo della squadra mobile di Genova ai tempi e oggi pensionato; per Filippo Ferri, passato dal G8 all’incarico di consulente sicurezza al Milan, con particolare attenzione alle mattane di Mario Balotelli; per Massimo Nucera, l’agente che raccontò di aver preso una coltellata dai noglobal sebbene se la fosse data da solo; per Salvatore Gava, tra i cui ultimi incarichi vi era stato il coordinamento d’una serie d’inchieste sugli appalti truccati per il post-terremoto all’Aquila; per Filippo Ferri, figlio dell’ex ministro socialista Enrico,ex capo della Mobile alla Spezia; e infine per Fabio Ciccimarra, carriera in varie squadre mobili italiane e ancora dipendente del Viminale, e Maurizio Panzieri, nucleo antisommossa Roma. Tredici anni dopo, la Diaz li trasforma in detenuti.

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