Una due giorni all’università per 10×100
I Collettivi autorganizzati presentano una due giorni per parlare di Genova. Mercoledi 27 giugno dalle 17 assemblea pubblica nel piazzale antistante la facoltà di fisica: genova 11 anni dopo dalle 20 apericena e a seguire proiezione di G-Gate.
Giovedi 28 giugno Festa
Di seguito il volantino di convocazione.
Una generazione è cresciuta dopo Genova. Una generazione che quel 2001 l’ha passato nelle proprie case, perché ancora immatura, distratta, inconsapevole, impreparata. Non che qualcuno potesse essere preparato a massacri, torture, assassinio…
Quella generazione comunque da Genova ha dovuto partire, come tutti e tutte del resto. Anche per chi non c’era si è trattato del “battesimo di fuoco”, del punto di non ritorno, dell’evento inaugurale di un percorso di crescita individuale, umana e politica. Due eserciti l’un contro l’altro armati: quante volte si è utilizzata questa figura per descrivere il G8 del 2001, la guerriglia urbana di Genova. Sicuramente due alternative, due opzioni, due posizioni nette e inconciliabili. Da una parte il “movimento dei movimenti”, la più imponente ondata di mobilitazione collettiva – a livello mondiale, peraltro – dalla fine degli anni Settanta, nata a Seattle e montata, cresciuta, maturata nel breve volgere di qualche anno, a cavallo tra la fine dei ’90 e l’inizio degli anni ’00; la cifra distintiva della pluralità ne costituiva la forza e l’imponenza. Dall’altra i governi, il Potere economico, che a Genova trovarono il teatro ideale per la rappresentazione della tragedia, il cui finale doveva essere uno e uno solo: fare degli anni a venire un deserto di opposizione sociale, per dar libero sfogo alla globalizzazione selvaggia, al neoliberismo rampante, alla finanza da rapina.
Il tutto era ben orchestrato e raggiunse il suo primo obiettivo: il riflusso della marea. I primi anni Duemila furono anni difficili, in cui al ricordo indelebile di Carlo, della Diaz, di Bolzaneto si sommava il cappio dell’11 settembre, a strangolare qualsiasi accenno di alzata di testa. Ma il tentativo non è andato del tutto a buon fine, la marea si è trasformata in un fiume carsico, pronto a riemergere in superficie nei territori, nelle piazze, nelle strade. Pian piano le ferite si sono cicatrizzate, e la conflittualità sociale ha saputo trovare nuovi sbocchi. Rabbiosi, radicali, irriducibili. È successo, e continua a succedere, in Val Susa, a Terzigno, a Roma. Una generazione incazzata a preteso nuovamente il centro della scena, il collegamento tra la crisi – utilizzata strategicamente quale grimaldello per scardinare le conquiste politiche e sociali e imporre una nuova ristrutturazione capitalistica, dopo quella degli anni Settanta – e ciò che nelle piazze di Genova si urlava anni prima è stato diretto e immediato. Un cerchio, un capitolo si è chiuso, inaugurando un presente gravido di possibilità.
Ma per chiudere realmente i conti, a 11 anni di distanza, è necessario che siamo noi – chi c’era e chi non c’era – a mettere la parola fine sul G8 di Genova. Non possiamo permettere di lasciare l’ultima parola alla magistratura, che il 13 luglio in Cassazione vorrebbe far pagare il conto salato di quei giorni lontani a 10 capri espiatori. 10 condanne a complessivi 100 anni di carcere, grazie a quel detrito giuridico fascista che è il reato di devastazione e saccheggio.
Non possiamo permettere che ciò avvenga per loro e per noi, perché attraverso queste condanne si intende colpire tutti e tutte, lanciare un monito a chi è faticosamente riuscito a rialzare la testa.
Invitiamo la città a confrontarsi e a rilanciare la campagna per riavere indietro 10 compagni/e, il 27 GIUGNO h 17.00 NEL PIAZZALE ANTISTANTE LA FACOLTA’ DI FISICA DELLA SAPIENZA