Roma.Piazza Trilussa – 5 luglio serata a sostegno della campagna 10×100 -

di , 4 luglio 2012 08:08

Il 5 luglio a partire dalle ore 18:30 saremo a Piazza Trilussa (Trastevere) – Roma per una serata musicale con incursioni teatrali per la campagna 10×100 – Saranno con noi alcune e alcuni degli artisti che hanno firmato l’appello contro il reato di devastazione e saccheggio.

Dalle 18:30 in poi:

Giulia Anania

Adriano Bono (en solo)

Funkallisto 4tet

Rosso Malpelo

Wogiagia

99 Posse Dj set (Marco Messina and JRM)

Incursioni Teatrali del Teatro Valle occupato

Esibizione di artiste e artisti di strada

Laura Riccioli  leggerà Artaud

- Per farla finita con il giudizio di Dio-

Daniele Vicari …e altre partecipazioni a sorpresa per i 10 condannati in appello per il reato di devastazione e saccheggio- Perché Genova 2001 non è finita

 Piazza Trilussa (Trastevere) – Roma

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10×100: galleria fotografica

di , 3 luglio 2012 18:44

Costruire il nemico – criminalizzazione degli indesiderati, da Genova 2001 ad oggi. Roma-3 luglio 2012

di , 1 luglio 2012 09:41

Ascolta il dibattito rimandato in streaming da RadiOndaRossa

Nel luglio del 2001 ci recammo a Genova in 300 mila per gridare ai potenti del G8 “un altro mondo è possibile”. Un mondo dove le scelte politiche non fossero dettate dalle banche e dagli speculatori e dove la voce dei molti non fosse zittita dall’arroganza dei pochi. Da una parte c’era il “movimento dei movimenti”, la più imponente ondata di mobilitazione collettiva – a livello mondiale, peraltro – dalla fine degli anni Settanta, la cifra distintiva della pluralità ne costituiva la forza e l’imponenza. Dall’altra i governi e il Potere economico, che a Genova trovarono il teatro ideale per la rappresentazione della tragedia, il cui finale doveva essere uno e uno solo: fare degli anni a venire un deserto dell’ opposizione sociale, per dare libero sfogo alla globalizzazione selvaggia, al neoliberismo rampante, alla finanza da rapina.

Dopo 11 anni da quelle giornate e in vista delle sentenze che andranno a chiudere i processi genovesi, vorremmo leggere quel G8 come un primo esperimento, un vero e proprio laboratorio del controllo della conflittualità sociale.

In questi 11 anni, in Italia e non solo, i governi hanno dato vita ad una sperimentazione continua degli apparati di controllo, costituita dal connubio indissolubile tra la le misure repressive attuate nelle piazze e i sottili meccanismi preventivi e punitivi che colpiscono determinate “categorie di persone” indesiderate. Un filo rosso che passa per i dispositivi penali rispolverati dai tempi bui della storia del nostro paese, come il reato di devastazione e saccheggio.

Dagli stadi alle piazze, passando per i CIE, veri e propri lager per migranti, questo reato, concepito dal codice penale fascista, il codice rocco, è stato recuperato per annichilire qualsiasi espressione del dissenso, uno spauracchio ingombrante, grazie al quale è più facile comminare pene enormi a chi si vuole colpire. Pene persino superiori a quelle previste per reati come l’omicidio.

Il convegno si terrà a San Lorenzo a Piazza dell’Immacolata alle ore 18.30

intervengono

- Antigone
- Avv. Simonetta Crisci
- Avv. Francesco Romeo
-Avv. Marco Lucentini 

intervento telefonico di -

Avv. Eugenio Losco – il reato di devastazione e saccheggio applicato alle rivolte nei CIE

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«DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO», ANCORA LA VENDETTA GENOVA

di , 29 giugno 2012 10:40

«Devastazione e saccheggio», questo il reato per cui, 11 anni dopo il G8 genovese del 2001, 10 manifestanti rischiano di scontare 100 anni di carcere complessivi se il prossimo 13 luglio la Corte di Cassazione confermerà le condanne di secondo grado rendendole definitive. 100 anni di carcere sono tanti, troppi, per chi viene accusato di aver rotto una vetrina, rubato una bottiglia in un supermercato, o solo di essere presente mentre questi e altri atti venivano compiuti. Solo per essere presente? Sì, perché «devastazione e saccheggio» è un reato ereditato dal codice penale fascista, il famigerato Codice Rocco, per reprimere eventuali sommosse popolari. E che punisce anche per la «compartecipazione psichica». Il buon senso di qualsiasi cittadino «sinceramente democratico», o anche solo con un vago senso di giustizia, intuisce la sproporzione tra queste condanne e l’impunità sostanziale di cui hanno goduto i vertici e la base delle forze dell’ordine. Nonostante l’assassinio in piazza di Carlo Giuliani, i pestaggi indiscriminati di persone inermi, l’utilizzo di armi chimiche come i gas Cs; le torture di Bolzaneto e la «macelleria messicana» della Diaz. Come dire: rompere o danneggiare oggetti, nascondere il volto e partecipare a una manifestazione non autorizzata è più grave di torturare, pestare, procurare lesioni permanenti. E così non sappiamo ancora chi ha gestito l’ordine pubblico a Genova nel 2001 come a Napoli qualche mese prima, con due governi di diverso segno politico. Restano le promozioni di funzionari come l’ex capo di polizia De Gennaro. Figura di grande «spessore tecnico» se si ha intenzione di distruggere speranze e aspirazioni di un’immensa moltitudine. Capace di servire lealmente governi di centrosinistra, centrodestra e tecnici. Il processo di democratizzazione delle forze dell’ordine nel nostro paese, iniziato negli anni ’60 grazie alla capacità egemonica esercitata sulla società dai movimenti, infrantosi contro le leggi speciali dei ’70, è rimasto incompiuto. Un problema macroscopico che si riscontra nella repressione dei movimenti, ma soprattutto negli omicidi che hanno segnato questi ultimi anni, come quelli di Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino o Stefano Cucchi. E di tutti gli episodi di violenza consumati nei commissariati, nei Cie e nelle carceri, relegati a meri trafiletti di cronaca. Eppure un’inversione di tendenza non sembra all’orizzonte: il 5 luglio la Cassazione emetterà la sentenza per il processo Diaz che vede imputati importanti dirigenti delle forze dell’ordine accusati, si badi bene, non delle violenze accadute nella scuola, ma di falsa testimonianza e abuso d’ufficio. Rischiano con pene che, in ogni caso, sarebbero indultate. Condanne lievi che potrebbero comportare, però, l’interdizione dai pubblici uffici per i poliziotti coinvolti. Così il 15 giugno scorso la Cassazione, con un rituale più che anomalo, unico, ha rinviato la sentenza di più di 20 giorni. In questi anni i movimenti e la società civile del nostro Paese, inutile nasconderlo, non sono stati in grado di seguire con l’attenzione e l’energia necessarie le conseguenze giudiziarie dei fatti di Genova. E il centro sinistra non può nascondere le sue responsabilità nella mancata democratizzazione delle forze dell’ordine. Non riuscendo neanche, come accade in ogni altro Paese europeo che si dica democratico, a far mettere i numeri identificativi sulle divise degli agenti. Incapace di nominare una commissione parlamentare d’inchiesta e di istituire il reato di tortura anche in Italia così come richiede l’Onu, fino alla “copertura” dei responsabili della mattanza del G8 genovese. Ora, 11 anni dopo non possiamo permettere che vada a finire così, che 10 persone vengano punite per i 300mila scesi in piazza nel 2001. Per questo nasce la campagna «Genova non è finita» (www.10×100.it), con un appello, già firmato da oltre 10 mila persone (tra cui Wu Ming, Moni Ovadia, Erri De Luca, Subsonica, Valerio Mastrandrea, Elio Germano e tanti altri) a cui invitiamo ad aderire. Così come invitiamo tutti a mobilitarsi nella settimana della sentenza. Per non lasciarli soli, perché Genova non può finire così. Perché in gioco c’è la libertà di tutte e tutti.

di Valerio Renzi da Il Manifesto del 29/6/2012

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Da Elena Giuliani

di , 27 giugno 2012 08:26

Io il 20 luglio 2001 non ero a Genova. Ero a Milano, per lavoro. E il 21 luglio e i giorni seguenti anche se mi trovavo a Genova, non ho partecipato alle manifestazioni: ero all’obitorio, in attesa che mi dessero il permesso di vedere mio fratello. Così di quanto successo in quei giorni ho saputo lentamente, prima accarezzando e contando una a una le ferite sul corpo di Carlo, poi ascoltando le testimonianze di chi, ad altre ferite, è riuscito a sopravvivere.
Ho anche sentito dei cassonetti rovesciati, del selciato divelto, delle vetrine rotte e delle auto bruciate.
Sono passati quasi 11 anni da allora.
Nel frattempo, in altre parti d’Italia, persone che erano state a Genova come altre che non c’erano, nelle quotidiane battaglie per la difesa dei diritti quali il lavoro, lo studio, la casa, gli spazi sociali, o per la difesa del territorio dalle violenze di un Tav o di una discarica, hanno conosciuto ferite e offese simili a quelle di Genova, e per qualcuno ci sono stati anche arresto e detenzione.
A guardarsi intorno, qui, oggi, non c’è più traccia né di cassonetti rotti, né di selciato sconnesso, né di vetrine venate, né di auto incendiate. Ma ci sono molte persone che portano ancora sulla loro pelle e nel loro cuore i segni delle giornate genovesi.
E c’è Carlo, che non c’è più.
Oggi però si vogliono condannare 10 persone a 100 anni complessivi di carcere. 100 anni di detenzione comminati a 10 manifestanti per quanto successo a Genova nel 2001.
Ma i fatti di Genova riguardano tutti. Dai fatti di Genova è necessario partire per ricostruire rapporti democratici tra istituzioni e cittadini.
Dei fatti di Genova siamo responsabili tutti: chi c’era e chi non c’era, chi non è stato e chi è Stato.
Elena

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Una due giorni all’università per 10×100

di , 26 giugno 2012 13:48

I Collettivi autorganizzati presentano una due giorni per parlare di Genova. Mercoledi 27 giugno dalle 17 assemblea pubblica nel piazzale antistante la facoltà di fisica: genova 11 anni dopo dalle 20 apericena e a seguire proiezione di G-Gate.
Giovedi 28 giugno Festa

Di seguito il volantino di convocazione.

Una generazione è cresciuta dopo Genova.  Una generazione che quel 2001 l’ha passato nelle proprie case, perché ancora immatura, distratta, inconsapevole, impreparata. Non che qualcuno potesse essere preparato a massacri, torture, assassinio…
Quella generazione comunque da Genova ha dovuto partire, come tutti e tutte del resto. Anche per chi non c’era si è trattato del “battesimo di fuoco”, del punto di non ritorno, dell’evento inaugurale di un percorso di crescita individuale, umana e politica. Due eserciti l’un contro l’altro armati: quante volte si è utilizzata questa figura per descrivere il G8 del 2001, la guerriglia urbana di Genova. Sicuramente due alternative, due opzioni, due posizioni nette e inconciliabili. Da una parte il “movimento dei movimenti”, la più imponente ondata di mobilitazione collettiva – a livello mondiale, peraltro – dalla fine degli anni Settanta, nata a Seattle e montata, cresciuta, maturata nel breve volgere di qualche anno, a cavallo tra la fine dei ’90 e l’inizio degli anni ’00; la cifra distintiva della pluralità ne costituiva la forza e l’imponenza. Dall’altra i governi, il Potere economico, che a Genova trovarono il teatro ideale per la rappresentazione della tragedia, il cui finale doveva essere uno e uno solo: fare degli anni a venire un deserto di opposizione sociale, per dar libero sfogo alla globalizzazione selvaggia, al neoliberismo rampante, alla finanza da rapina. Prosegui la lettura 'Una due giorni all’università per 10×100'»

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Zulu per la campagna 10×100

di , 23 giugno 2012 13:28

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Crack fumetti dirompenti per la campagna 10×100

di , 22 giugno 2012 11:40

Questo fine settimana (21-22-23-24 giugno) si svolgerà al centro sociale Forte Prenestino l’ottava edizione di Crack! Fumetti dirompenti.

Anche Crack ha aderito alla campagna 10×100 chiedendo alle artiste e agli artisti di fare un fumetto o una tavola che ricorda Genova e il reato di devastazione e saccheggio. Cominciamo a pubblicare alcune cose che sono arrivate. Prima fra tutte Mp5 che ringraziamo.

- Il fumetto di Zerocalcare (1-2-3)

- Alessio Spataro

- Detta Lalla

- Roberto Grossi

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Tutti assolti per il Processo del Sud Ribelle

di , 21 giugno 2012 09:21

Dopo 10 lunghi anni finalmente si conclude il processo del Sud Ribelle con un’assoluzione piena

(AGI) – Roma, 21 giu. – A finire sotto processo erano stati Francesco ed Emiliano Cirillo, Luca Casarini, Francesco Caruso, Salvatore Stasi, Antonino Campenni’, Anna Curcio, Michele Santagata, Lidia Azzarita, Giuseppe Fonzino, Alfonso De Vito, Claudio Dionesalvi e Vittoria Oliva, oggi tutti definitivamente assolti. La Procura generale di Catanzaro, nel suo ricorso, chiedeva di azzerare il processo, ritenendo violata la procedura penale perche’, in primo grado, dopo il trasferimento del presidente del collegio giudicante, il procedimento era stato spostato in un’altra sezione della Corte d’assise di Cosenza. Anche l’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza del Consiglio dei ministri, si era associata a questa tesi. Il pg di Cassazione, Nicola Lettieri, nella sua requisitoria di questa mattina, aveva invece chiesto il rigetto del ricorso. (AGI) Oll/Mom 212113 GIU 12 NNNN

Leggi la storia del processo

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Uno di quei dieci è Luca

di , 19 giugno 2012 08:05

Dal sito di Wuming che ringraziamo sempre per l’appoggio e l’alto livello di discussione

Abbiamo fatto le elementari insieme. Il nostro maestro, che era compagno, rivisto tanti anni dopo mi disse che era contento che almeno io fossi diventato un “marxiano”. Mi ricordo di avergli risposto che anche Luca era “venuto su bene”: era diventato un devastatore-saccheggiatore, in quel momento era agli arresti domiciliari per gli scontri di Genova.

Ci eravamo ritrovati da ragazzini, agli scout (e non c’è niente da ridere). Abbiamo combinato un bel po’ di disastri agli scout; una notte siamo scappati dalle tende per fare i pirla in giro, abbiamo anche comprato del pessimo vino dell’Oltrepo. Sono arrivati dei giovinastri di paese in macchina, sono scesi e ci hanno tirato un pugno in faccia a testa. Senza nessunissimo motivo, solo perché eravamo dei boy-scout quattordicenni ubriachi! Attiravamo guai come calamite.

Uscivamo spesso in due. Lui, figlio di proletari e “col culo per strada”, era un anarchico istintivo, io, secchione atipico e nipote di partigiano, un comunista genetico. Io l’ho portato alle manifestazioni, lui mi ha introdotto nel fantastico mondo dell’illegalità adolescenziale. Prosegui la lettura 'Uno di quei dieci è Luca'»

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